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ATLETICO PIAZZETTA[11/02/2016]

L’Atletico Piazzetta nasce, come spesso accade, da un’idea di un gruppo di amici, che quasi per scherzo nell’estate del 2004 si organizzano per dar vita ad una squadra di calcio assolutamente amatoriale. Ogni ruolo, dal presidente all’allenatore, è ricoperto da un membro del gruppo, in un clima di assoluta condivisione e amicizia, senza gerarchie rigide e con l’aiuto di tutti. I colori sociali scelti sono il rosso e il blu, ma quando arrivano le maglie i colori per errore sono diventati il bianco e il verde, per trasformarsi poi con il tempo in verde e nero, i colori attuali e non più negoziabili con il caso. La squadra ha bisogno di un nome e per questo si pensa subito a qualcosa che possa accomunare tutti: la piazzetta sopra i ponti, luogo di ritrovo durante gli anni di scuola, ma presto abbandonato per la diaspora universitaria di molti. La squadra diventa così un collante per tenere unito il gruppo, una scusa per poter tornare sempre a riunirsi e un appuntamento fisso per il fine settimana, un richiamo che riporta tutti a casa senza far scontento nessuno.L’Atletico Piazzetta può vantare un record molto significativo: ha militato in tutte le categorie che la Lega Calcio Uisp di Arezzo ha organizzato. Inizia la sua storia in Terza categoria nel 2004- 2005, per passare poi in Seconda l’anno successivo, dato che la categoria è eliminata per carenza di squadre. I primi due anni sono di assestamento, di ricerca di un’identità e di esperimenti: i giocatori cambiano, qualcuno lascia e se ne aggiungono di nuovi, nel tentativo di creare un gruppo sempre più omogeneo e unito. Al primo anno arriva anche un ambito trofeo: la prima coppa disciplina, sintomo di una squadra corretta e mai sopra le righe.  E’ al terzo anno che succede il primo miracolo: la squadra dopo un campionato di vertice cede nel finale e si guadagna, dopo uno storico spareggio, l’accesso alla prima categoria. Lo spareggio è con gli avversari di tutto l’anno e non si poteva concludere che ai rigori, dopo una partita tesa e insidiosa, ma che non si sbloccherà mai dallo 0-0. Mister Sadini festeggia la sua prima promozione e tutto l’Atletico con lui. Il salto è talmente grande e inaspettato che molti credono sia un errore del destino, trovarsi in alto fa paura, ma presto si capisce che forse era solo una questione di tempo e di crescita: la Prima categoria è il nostro habitat naturale. Al primo anno la paura è spazzata via da una salvezza molto tranquilla, alla quale seguiranno tre campionati di crescita rapida, culminati in una nuova promozione, che passa da un quarto posto (con record di punti stagionale e beffa nel finale con sorpasso nelle ultime giornate) e un terzo in coabitazione. Gli spareggi sono solo un ricordo, adesso contano gli scontri diretti e noi siamo favoriti: è Eccellenza.  La squadra che si era così rapidamente ambientata in una categoria di mezzo adesso deve crescere ancora di più, deve diventare una squadra di uomini e non più di ragazzi di belle speranze, o si cresce o si retrocede. Ancora una volta il primo campionato passa quasi in sordina, con una salvezza raggiunta con più affanno del dovuto solo con un pareggio alla penultima di campionato. L’Eccellenza resta il palcoscenico per altre due stagioni, sempre travagliate e complicate, condizionate più da difficoltà interne che dalla forze degli avversari, come dimostra una retrocessione quasi certa a metà della seconda stagione trasformata in un gioiello di salvezza all’ultima giornata, con una serie inarrestabile di vittorie tra marzo e aprile, in cui cadono tutte le squadre che ci affrontano.L’epilogo più triste arriva nell’ultima stagione: la squadra spera in un nuovo prodigio, ma la sorte e la forma non sono dalla nostra parte e si impara che per crescere si deve anche soffrire, la retrocessione non è più un tabù.La tristezza è molta, i tentennamenti altrettanti e si capisce che c’è bisogno di una sferzata di novità, la squadra ha bisogno di trovare nuovi stimoli ed ecco che arriva il momento di cambiare: mister Sadini, il condottiero di mille battaglie, colui che ha portato tra i grandi l’Atletico, lascia il posto ad un nuovo allenatore, mister Stanganini. Una rivoluzione morbida, forse non indolore per tutti, ma certamente l’uomo giusto al posto giusto, pronto a dare il suo contributo per continuare a fare grande la squadra con l’aiuto di tutti, vecchi e nuovi. Tra i ricordi più belli che tutti gli Atletici si portano dentro, ci sono sicuramente i campi di casa, le fortezze in cui negli anni abbiamo costruito le nostre promozioni e le nostre certezze: il vecchio e sabbioso Montefeltro, dove siamo rimasti imbattuti per un anno e mezzo, l’enorme e bellissimo impianto delle Poggiola, legato romanticamente allo spareggio vinto, e il campo di Spoiano, una gioia che ha esaltato giocatori su giocatori, una chicca di campo scoperto per caso. L’altra metà di cuore è dedicata ai tifosi, la nostra Curva Fenech, una sgangherata banda di sostenitori che ha regalato risate a tutti, compresi avversari e arbitri. Forse, per un periodo, sono stati più importanti loro di noi e ancora li ringraziamo per questo.  L’ossatura della squadra è rimasta invariata nel tempo, perché chi ha fondato l’Atletico ancora è qui che lotta e suda, che si danna l’anima ogni partita e soffre se è assente. Ogni nuovo Atletico è diventato prima di tutto un amico e poi un compagno di squadra, secondo un rigido e sincero decalogo che vuole prima buoni amici e poi buoni giocatori, perché se non fosse per chi ci è intorno non ci sarebbe questo piccolo miracolo che da più di dieci stagioni ci fa girare la provincia con ogni stagione e ci fa esplodere di gioia ad ogni vittoria.
 Andiamo avanti sempre più convinti e sempre più numerosi: Atletico uber alles! 

Scritto da Redazione Uisp


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